I RISULTATI DELLA PMA IN DONNE DAI 40 ANNI IN SU’ CON LA SELEZIONE DEGLI OVOCITI
Un importante lavoro scientifico del Prof. Manna direttore del centro di PMA Biofertility è stato
pubblicato su una delle riviste mediche più quotate : Journal of Clinical Medicine.
Esso dimostra buoni risultati in termini di nascite per cicli di PMA eseguiti nella fascia di pazienti
più difficile: età dai 40 anni in su, bassa riserva ovarica e numerosi precedenti fallimenti.
Questi risultati sono stati ottenuti per di più selezionando gli ovociti da inseminare e non gli
embrioni (senza quindi crioconservarne nessuno) ed i transfer sono stati eseguiti dopo 2 giorni di
coltura degli embrioni ( o dopo uno solo ).
Questa tecnica è stata scelta per non stressare eccessivamente gli embrioni già fragili in queste
coppie e dargli quindi più possibilità di impianto, per ridurre i problemi ostetrici che sono stati
dimostrati maggiori con le colture in vitro troppo lunghe ( 5 o più giorni), e per evitare di
accumulare embrioni congelati dal destino incerto.
I risultati sono stati infatti:
95,7% come tasso di fecondazione ( nella media internazionale dei centri è del 65%)
10% di nascite per ciclo di PMA ( la media dei centri italiana secondo l’ISS nel 2019 è stata del
4,7% per le età dai 40 in su. Ma è pure interessante notare che nella casistica di tutte le età i
centri italiani avevano registrato l’ 11,2% di parti)
16,7 % di gravidanze gemellari ( 2 gemelli, nessuno con 3 ; in Europa la % di gravidanze gemellari è
stata del 16,9% )
Gravidanze e parti si sono ottenuti anche in donne di 44 anni ( transfer il giorno dopo il pick up)
Questo protocollo perciò ha dato buoni risultati e, soprattutto, vuole ridurre i rischi ostetrici e
neonatali che un numero crescente di studi scientifici associa invece alle lunghe colture
embrionali (blastocisti) e alle tecniche di diagnosi preimpianto (PGT-A).
Anzitutto bisogna considerare che un numero non trascurabile di embrioni non giunge neanche
allo stadio di blastocisti ( per questa ragione almeno il 18,8 % delle donne non ha eseguito il
transfer in un grande studio di pazienti con età normale ma molti più mancati transfer si
registrano in donne oltre i 40 anni)
E’ dimostrato da numerosi studi che le gravidanze conseguenti al transfer di blastocisti (5-6 giorni)
hanno presentato più nascite pre-termine, placenta previa e distacco di placenta, feti troppo
piccoli o troppo grandi per l’età gestazionale rispetto a quelle registrate dopo il transfer di
embrioni a stadi più precoci di sviluppo in vitro (2-3 giorni).
Inoltre si è dimostrato principalmente sugli embrioni di varie specie animali che l’ambiente delle
colture in vitro quando è troppo prolungato influisce negativamente sulla espressione dei geni
dell’embrione ed anche alla nascita perciò si potrebbero manifestare caratteri patologici dovuti a
questa precedente esposizione (problemi epigenetici).
In conclusione il nostro studio mostra che anche nei casi più difficili è possibile ottenere buoni
risultati con la PMA scegliendo gli ovociti migliori da inseminare con un grande e personalizzato
lavoro in laboratorio (invece di selezionare gli embrioni e crioconservarli) e trasferendo presto gli
embrioni in utero. Quest’organo rappresenta pur sempre l’incubatore più perfezionato dopo

milioni di anni di evoluzione delle specie animali compresa quella umana. Infatti anche gli
incubatori più avanzati che oggi sono disponibili sul mercato (e che noi comunque utilizziamo) non
possono mantenere con la stessa efficienza i parametri vitali come Temperatura, pH, Osmolarità e,
soprattutto, non contengono nei mezzi di coltura la miriade di elementi, ormoni e fattori di
crescita presenti nel sistema riproduttivo in fasi così sensibili.
Riteniamo quindi di praticare tecniche che rispettino al massimo principi di etica in un settore così
delicato della medicina.
Sono attualmente in corso nel nostro centro ricerche che dovranno migliorare la capacità di
individuare sempre meglio la vera qualità degli ovociti con tecniche di intelligenza artificiale alle
quali ci dedichiamo dal 2003. Lo scopo è di selezionare gli ovociti attraverso le loro immagini
come abbiamo sottolineato nel presente studio, inseminare solo i migliori e trasferirli in utero. In
questo modo, inoltre, si capirebbero meglio i protocolli di stimolazione ed i farmaci migliori in
grado di fornire buoni ovociti sia allo scopo di inseminarli sia di crioconservarli. Infatti ci sono
studi che dimostrano come solo il 5% di tutti gli ovociti raccolti nei pick up sono in grado di
generare un bambino ( Lemmon et al, J Assist Reprod Genet 33,7, 2016) : 1148 primi cicli di Fivet o
ICSI, tutti i transfer fatti con i loro embrioni crioconservati, in tutto 9529 ovociti e 2507 embrioni,
insomma un bel numero di elementi che ci ha fatto capire da dove veniva fuori quel 5% in questo
studio danese.